«Taglia e cuci» al cioccolato

Un’antica leggenda azteca narra che, ai tempi del mondo, quando gli antichi spiriti camminavano ancora con gli uomini, un principe, in partenza per la guerra, lasciò la giovane sposa sola a difesa del suo immenso tesoro facendole giurare che mai ne avrebbe rivelato a qualcuno il nascondiglio. Così, quando arrivarono i nemici, lei si rifiutò di tradire il suo signore e scelse la morte pur di rimanergli fedele. Allora il dio Quetzalcoatl, commosso da quella prova di assoluta devozione, creò la pianta del cacao infondendola dello spirito Sacro sopra il sacro e ne donò i semi all’umanità a futura memoria di quel sacrificio. Semi rossi come il sangue, amari come il dolore, forti come il coraggio e preziosi come monete d’oro. Il cibo degli dei per eccellenza.

Kakaw, chacauhaa, sôkôla, chocolat, cioccolato: qualsiasi lingua si usi, solo a pronunciarne il nome viene l’acquolina in bocca. Ma, ai nostri giorni, pare che nemmeno il più forte tra gli antichi spiriti di Quetzalcoatl riesca a fronteggiare i drastici cambiamenti climatici del pianeta e il Theobroma cacao rischierebbe di fare la fine del Dodo:  estinguersi.

L’aumento delle temperature che fanno evaporare più in fretta l’acqua dal terreno, le sempre più diradate piogge equatoriali, le coltivazioni che si fanno via via più intensive per la costante crescita della richiesta di mercato, aumentano, infatti, il rischio di esposizione a infezioni parassitarie, virali e fungine che minano la resistenza dell’albero. Così, secondo la stima di alcuni scienziati che paventano il 2050 come data dell’ultimo raccolto, in poco più di trent’anni il cibo degli dei potrebbe essere solo un ricordo.

Quindi addio cioccolatini, praline, pasticcini, gelati, torte, budini; addio “quadruccio” fondente serale (ma solo uno, lo giuro, così la bilancia non se ne accorge); mai più il trionfo di una Sachertorte. Un incubo, tra i peggiori.

Ma non disperiamo. L’ultima parola non è stata ancora scritta e si sta correndo ai ripari.

Se spostare le coltivazioni più in alto, in zone più “fresche”, sarebbe molto costoso e potrebbe rendere le piante ancora più deboli, un progetto scientifico all’Università californiana di Berkeley, in parte finanziato dalla multinazionale Mars,  sta tentando la tecnica CRISPR, l’editing del genoma. Il «taglia e cuci» cellulare che consente la correzione mirata del DNA in modo puntiforme, per rendere le piante più resistenti agli stress delle nuove sfide climatiche senza modificare gusto e qualità nutrizionali. E se la biotecnologia fa nascere nuove speranze in laboratorio, diversa ma complementare è la scelta di molti produttori che guardano, invece, con fiducia ad altri territori e a filiere più piccole e controllate di produzione.

A questo punto, a tutti i ciocco-dipendenti del pianeta non resta che incrociare le dita per le future generazioni e, naturalmente, fare tesoro di questi tempi ancora propizi . Per quel che mi riguarda, ne approfitterò per preparare uno «zuppotto a modo mio». Affetto un po’ di colomba stoicamente sopravvissuta, la inzuppo nel marsala (ma poco se no si spappola), faccio una cioccolata con il cacao amaro e, a parte, una crema pasticcera. Quindi parto con gli strati: colomba e cioccolata, colomba e crema pasticcera terminando con colomba e cioccolata. Poi metto il tutto a compattare in frigorifero per una squisita “mattonata” calorica.

Ma,  secondo voi, domani la bilancia se ne accorgerà?